Croazia contemporanea
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La lotta per l'indipendenza
Dopo la morte del presidente Josip Broz Tito nel 1980, la Jugoslavia cadde in una crisi economica e sociale. Riemersero scontri politici delle leadership repubblicane sulla questione dell'organizzazione statale, della pluralità politica, delle economie repubblicane, ecc. Vennero rafforzate numerose richieste nazionali, ma anche lo jugoslavismo unitario, specialmente in Serbia, in alcune istituzioni federali e ai vertici della JNA.
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Alla fine del 1989, nella Lega dei Comunisti di Croazia (SKH) prevalse la corrente riformista, che portò alla convocazione delle prime elezioni libere e multipartitiche. Le elezioni si tennero in aprile e maggio 1990 e vinse l'Unione Democratica Croata (HDZ), un partito che garantiva la difesa degli interessi nazionali. Il leader dell'HDZ, Franjo Tuđman, fu eletto presidente della presidenza dal Parlamento. La nuova Costituzione fu adottata il 22/12/1990 e dopo il referendum del 19/5/1991 fu approvata la Dichiarazione sulla proclamazione della Repubblica sovrana e indipendente della Croazia (25/6/1991). Successivamente venne adottata la Decisione sulla cessazione dei legami giuridici statali con le altre repubbliche e aree della SFRJ (8/10/1991), ossia con la Jugoslavia in generale.
La disintegrazione della SFRJ e l'esacerbarsi della crisi spinsero la leadership politica della Serbia a promuovere e attualizzare la politica della Grande Serbia. Questo movimento, guidato da Slobodan Milošević, invitò tutti i serbi al raduno militare. A fine luglio e all'inizio di agosto 1990, la popolazione serba in Croazia, in seguito a manipolazioni serbe, avvia e sostiene la ribellione degli estremisti serbi che il 25 luglio 1990 promulgano la Dichiarazione sulla sovranità e autonomia del popolo serbo e fondano la Regione Autonoma Serba di Krajina, dichiarando in seguito, il 1° aprile 1991, la separazione dalla Croazia e l'adesione alla Serbia.
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Gli scontri armati iniziarono nel marzo 1991, e la JNA inizia gradualmente a schierarsi con i ribelli serbi. Il 26/06/1991 il Sabor adottò la Legge sulla difesa con la quale vennero istituite le forze armate croate. Erano molto più deboli della JNA, che nel 1990 confiscò armi destinate alla difesa territoriale sul territorio della Croazia. Dall'agosto 1991, i conflitti iniziali vengono intensificati fino a raggiungere un'aggressione diretta da parte della JNA e della Serbia e Montenegro, costringendo la Croazia a intraprendere una guerra difensiva, chiamata Guerra dell'indipendenza croata. Fino alla fine della guerra, nel 1995, in Croazia furono uccise circa 14000 persone, tra soldati e civili.
Dalla fine del 1991, circa il 26,5% della Croazia (circa 15.000 km²) è sotto il controllo delle forze ribelli serbe; in una parte di questo territorio viene proclamata la "Repubblica Serba di Krajina" (19/12/1991) La popolazione croata era terrorizzata e perseguitata; a causa dei conflitti armati, alla fine del 1991, c'erano circa 550.000 sfollati, e poi altri 200.000 rifugiati dalla Bosnia ed Erzegovina (BiH).
Durante l'autunno del 1991, diverse città croate sono state esposte ad attacchi di artiglieria e attacchi missilistici (Vinkovci, Osijek, Karlovac, Sisak, Gospić, Zara, Sebenico, Ragusa, ecc.). La città di Vukovar fu particolarmente distrutta e, dalla fine di agosto alla metà di novembre 1991, circa 2.000 persone (tra cui circa 1.100 civili) furono uccise in attacchi eseguiti dalla JNA e dalle forze paramilitari serbe. Anche se le forze serbe alla fine entrarono a Vukovar, questa città, grazie alla sua eroica difesa, divenne il simbolo della lotta per l'indipendenza della Croazia.
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Al fine di risolvere la crisi iugoslava, nel settembre 1991 la Comunità europea (CE) avvia una conferenza di pace e la sua commissione arbitrale conclude il 29 novembre 1991 che la SFRJ è "in fase di disintegrazione". Pertanto, il 16 dicembre 1991, i membri della Comunità Europea decisero di riconoscere l'indipendenza delle repubbliche jugoslave all'interno dei confini esistenti, a condizione che venissero riconosciuti determinati principi democratici. Il 15 gennaio 1992 venne riconosciuta l'indipendenza della Croazia e della Slovenia, che il 22 maggio 1992 entrarono a far parte anche delle Nazioni Unite (ONU).
Dopo una quindicina di tentativi, il 2 gennaio 1992 è stato concluso l'accordo di tregua tra le forze croate e la JNA. Ebbe così inizio l'operazione di mantenimento della pace in Croazia gestita dall'ONU. Nelle aree controllate dai ribelli e in parti limitrofi colpite dai conflitti sono state stabilite le zone di protezione dell'ONU (UNPA – UN Protection Areas) gestite dalla Forza di protezione delle Nazioni Unite (UNPROFOR – UN Protection Force), con una fascia aggiuntiva che doveva essere demilitarizzata (le cosiddette zone rosa). La JNA si ritirò dalla Croazia e sostenne strategicamente le forze serbe in Bosnia ed Erzegovina, dove la guerra inizia in aprile 1992. Questa guerra complicò ulteriormente le circostanze geopolitiche e strategiche in cui la Croazia difendeva l'indipendenza, perché i serbi ribelli in Croazia coordinavano le proprie azioni militari con le forze serbe in Bosnia ed Erzegovina e, in termini politici, con l'autoproclamata Repubblica Srpska.
Alle elezioni parlamentari e presidenziali dell'agosto 1992 vince l'HDZ e il suo candidato presidenziale Franjo Tuđman (rieletto nel 1997). Dal maggio 1990 fino alla sua morte, alla fine del 1999, Tuđman era la persona chiave della politica croata nazionale ed estera.
Gli eventi militari e politici in Croazia nella prima metà del 1990 erano strettamente correlati con gli eventi in Bosnia ed Erzegovina. La resistenza congiunta dei Croati e dei Bosniaci era accompagnata da divergenze e dispute che nel 1993–94 si svilupparono in uno scontro armato. Sotto l'influenza degli USA (firma dell'Accordo di Washington il 18 marzo 1994), venne stabilita l'alleanza strategica tra la Croazia e la leadership (bosniaca) della Bosnia ed Erzegovina. Nel 1994 la Croazia firmò con gli Stati Uniti anche il Memorandum di cooperazione nel settore della difesa e delle relazioni militari. Seguirono quindi le operazioni militari delle forze croate nella BiH occidentale che indebolirono anche la posizione dei ribelli serbi in Croazia.
La leadership ribelle rifiutava le iniziative croate e internazionali per una conclusione concordata della guerra in Croazia (il piano sull'ampia autonomia per aree con la maggioranza della popolazione serba fu respinto in gennaio 1995). Dopo una serie di tentativi di negoziato falliti, la Croazia nel 1995 riconquistò la maggior parte delle aree occupate grazie all'operazione militare Bljesak (Lampo) del 1° e 2° maggio, e all'operazione più ampia, Oluja (Tempesta), dal 4 al 7 agosto, che portarono alla sconfitta definitiva delle forze ribelli serbe. Durante il loro ritiro verso la BiH e la Serbia si verifica un'enorme fuga della popolazione serba – si valuta che durante l'operazione Oluja, più di 150 000 serbi abbandonarono la Croazia. L'operazione Oluja è stata provocata anche dagli eventi in BiH: dal genocidio eseguito dalle forze serbe contro i Bosniaci a Srebrenica, nonostante il controllo dell'ONU, e dalla minaccia di una ripetizione di tale crimine a Bihac, al confine croato.
Dopo queste operazioni, rimasero occupate solo le zone croate lungo il Danubio, sul confine serbo (circa il 4,5% del territorio). Il processo di integrazione pacifica venne concordato a novembre 1995, durante i negoziati tra la Croazia e la Serbia a Dayton (con la mediazione degli USA e il Gruppo di contatto internazionale). L'accordo fu firmato il 12 novembre 1995 a Zagabria e a Erdut (Accordo di base sulla Slavonia orientale e Sirmia occidentale, conosciuto come l'Accordo di Erdut). Fu quindi istituita l'Amministrazione Transitoria delle Nazioni Unite nella Slavonia orientale, (UNTAES – UN Transitional Administration in Eastern Slavonia) che, con la collaborazione delle autorità croate e di una parte della popolazione serba locale, ha integrato l'area nel sistema giuridico statale croato nel gennaio 1998. Questa fu anche la prima missione dell'ONU nell'ex Jugoslavia ad essere completata nei tempi stabiliti.
Questo pose fine a un periodo difficile di sfide militari e politiche per la Croazia (1991–98), in cui difese la sua indipendenza e la sua integrità territoriale. Con i paesi limitrofi emersi dalla disgregazione della Jugoslavia (Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia) rimangono aperte alcune questioni di confine, che però non hanno ostacolato in modo significativo il graduale instaurarsi di una cooperazione interstatale e regionale. La più complessa è stata la questione del confine marittimo tra Croazia e Slovenia.
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La strada verso l'Unione europea
Dalla dichiarazione di indipendenza nel 1991, l'obiettivo principale della politica estera della Croazia è stato quello di avvicinarsi alla CE e di impegnarsi nei processi di integrazione europea. In quanto paese facente parte del Mitteleuropa e del Mediterraneo, ma sulla soglia dei Balcani, e data la sua storia, la Croazia considerava l'appartenenza all'Occidente una scelta geopolitica naturale. Alla vigilia della disgregazione della Iugoslavia e durante la guerra dell'indipendenza croata, i membri della CE hanno inizialmente incoraggiato i processi di negoziato regionale, per poi organizzare l'assistenza umanitaria e finanziaria per la Croazia e sostennero la sua indipendenza (in gennaio 1992). Tuttavia, le relazioni tra la Croazia e la CE (dal 1993. L'Unione europea – UE) negli anni a seguire raggiunsero livelli bassi. La Croazia veniva vista come parte del quadro instabile dell'area post-jugoslava: fu criticata per l'insufficiente progresso nello sviluppo dei diritti umani e dei diritti delle minoranze e fu inoltre accusata di violazione delle leggi di guerra. Le obiezioni erano anche dovute all'apparente insufficiente cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia (istituito nel 1993 con l'iniziativa della Croazia; la cui operatività cessò nel 2017 e i casi furono assunti dal Meccanismo per i tribunali penali internazionali), per cui il processo di adesione all'UE si prolungò.
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L'influenza politica dell'HDZ indebolisce dopo la morte di Franjo Tuđman (1999). Stjepan Mesić vince alle elezioni presidenziali del 2000; fu rieletto nel 2005 e ricopre la carica fino al 2010. I partiti di opposizione salgono al potere dopo le elezioni del 2000. Il loro governo di centro-sinistra durò fino alla fine del 2003, e il premier era Ivica Racan, presidente del Partito Socialdemocratico di Croazia (SDP; nei primi anni '90 guidò la sua riforma dalla Lega dei Comunisti di Croazia). Con le modifiche costituzionali del 2001, il sistema semi-presidenziale è stato abbandonato; i poteri del Presidente della Repubblica sono stati ridotti, mentre i ruoli del Parlamento e del Governo sono stati rafforzati.
L'inizio degli anni 2000 è stato un periodo di democratizzazione post-bellica e di attività più intense per l'adesione all'UE e all'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO). Nel maggio 2000 la Croazia ha ulteriormente rafforzato la sua cooperazione strategica con gli Stati Uniti e la NATO aderendo al programma di cooperazione Partenariato per la pace.
Il progresso nella relazione tra la Croazia e l'UE arriva con la firma dell'accordo di stabilizzazione e di associazione il 29 ottobre 2001 (in vigore dal 1° gennaio 2005). Dopo aver raggiunto l'accordo tra tutti i partiti parlamentari croati sull'adesione all'UE, il 21 febbraio 2003. viene presentata la domanda di adesione.
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La continuità degli sforzi mirati all'integrazione è stata mantenuta anche con il cambio di governo. L'HDZ ha vinto di nuovo alle elezioni parlamentari del 2003 e del 2007 e i suoi primi ministri sono stati Ivo Sanader (2003–09) e Jadranka Kosor (2009–11). Alle elezioni presidenziali nel 2010 vince Ivo Josipovic, candidato dell'SDP. Alle elezioni parlamentari del dicembre 2011 vince la coalizione di quattro partiti del centro-sinistra e Zoran Milanović diventa premier (fino al 2016 in funzione di presidente dell'SDP).
Il 18 giugno 2004 la Croazia ottiene lo status di paese candidato all'adesione all'UE e i negoziati iniziano il 3 ottobre 2005. La Croazia raggiunse un importante obiettivo di politica estera il 1° aprile 2009 quando divenne membro della NATO. Alla fine di giugno 2011 i negoziati di adesione sono stati formalmente conclusi e il 9 dicembre 2011 è stato firmato il Trattato di adesione della Croazia all'Unione europea (che entra in vigore il 1° luglio 2013). Al referendum del 22 gennaio 2012 due terzi degli elettori (66,27%) hanno votato a favore dell'adesione della Croazia all'Ue. Alla fine del 2011 in Croazia fu completata l'attività quindicennale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, avviata al fine di perseguire i crimini di guerra commessi in Croazia dal 1991 al 1995 e di rimpatriare i rifugiati, nonché garantire i loro diritti. Il governo croato, in seguito all'adesione all'UE, ha dovuto accettare i valori e i principi, nonché applicare le leggi e le procedure sulle quali si basa la stabilità politica ed economica europea. Dal gennaio 2015, la presidente croata è stata Kolinda Grabar Kitarović (candidata dell'HDZ), mentre dal 2020 il ruolo del presidente è ricoperto da Zoran Milanović (candidato dell'SDP). L'HDZ ottiene la maggioranza relativa alle elezioni parlamentari del 2015, 2016 e 2020, formando i governi di coalizione. Da ottobre 2016, il governo è guidato da Andrej Plenković (presidente dell'HDZ da luglio 2016, rieletto nel 2020) e in questo periodo sono stati raggiunti alcuni obiettivi economici e politici come l'entrata della Croazia nell'area Schengen (dal 1° gennaio 2023) e nell'Euro (dal 1° gennaio 2023). Dopo anni di recessione e numerose riforme strutturali e fiscali, la riduzione del debito pubblico, avanzi di bilancio e un migliore utilizzo dei fondi europei hanno contribuito a rafforzare l'economia, ad aumentare gli investimenti, l'occupazione e i salari, il che ha riportato anche il rating a livello di investimento. I progressi economici della Croazia sono stati rafforzati a metà del 2022 con l'avvio dei negoziati per l'adesione all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
Gli Stati membri dell'Unione europea si alternano ogni sei mesi nella presidenza del Consiglio, il principale organo decisionale e regolamentare. La Croazia ha presieduto il Consiglio dell'UE dal 1° gennaio al 30 giugno 2020.
Politica estera
Il riconoscimento internazionale e l'adesione all'ONU nel 1992 hanno permesso alla Croazia di gestire indipendentemente la propria politica estera, che fino alla metà degli anni '90 è stata segnata da eventi bellici. Solo nel dopoguerra arriva una più forte affermazione internazionale della Croazia, confermata dall'adesione alla NATO (2009) e all'UE (2013).
L'obiettivo principale di politica estera croata è stato quello di partecipare alle integrazioni euro-atlantiche di sicurezza ed economia. In questo contesto, sono state sviluppate relazioni bilaterali con i paesi dell'UE e con gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la politica estera croata seguiva anche altre linee di attività bilaterale e multilaterale, pertanto sono state stabilite relazioni interstatali con numerosi paesi del mondo. La Croazia ha aderito a tutte le organizzazioni e istituzioni internazionali più importanti (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Organizzazione mondiale del commercio, etc.) La Croazia, paese con un'esperienza bellica drammatica, all'interno dell'ONU ha cercato di contribuire alla soluzione pacifica dei conflitti nel mondo – nel 2008–09 è stata membro non permanente del Consiglio di Sicurezza.
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Dopo la guerra dell'indipendenza croata, l'impegno croato nei processi di cooperazione e stabilizzazione regionale si svolge tramite l'Accordo centroeuropeo di libero scambio, il Patto di Stabilità per l'Europa sud orientale, poi attraverso le iniziative dei paesi del Danubio (la Croazia ha presieduto l'EUSDR dal 1/11/2019 al 1/11/2020 e la Commissione del Danubio dal 1/6/2017 al 31/12/2020) e dei paesi mediterranei (nel 2018 ha presieduto l'Iniziativa centroeuropea), ecc. La Croazia sviluppa relazioni diplomatiche con la maggior parte dei paesi vicini subito dopo il riconoscimento internazionale (Italia, Ungheria, Slovenia e Bosnia ed Erzegovina). Nel 1996 sono state stabilite relazioni diplomatiche anche con la Repubblica Federale di Jugoslavia e, dopo la sua dissoluzione nel 2006, con la Serbia e il Montenegro.
La partecipazione della Croazia e di altri stati post-jugoslavi nei processi di stabilizzazione politica regionale è alquanto complessa, viste le sfide storiche, compresi gli eventi bellici. Ciò è espresso soprattutto nelle relazioni tra la Croazia e la Serbia, mentre d'altra parte le relazioni con il Montenegro sono molto più stabili. I lasciti del periodo jugoslavo sono anche questioni di alcuni confini, complessi rapporti di proprietà tra i nuovi stati, problemi di rimpatrio dei rifugiati, ecc. La Croazia cerca di risolvere tali questioni in conformità con il diritto internazionale e secondo il consenso interstatale. Tale approccio ha consentito, tra l'altro, alla Croazia di aderire all'UE.
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Dal 1999 la Croazia partecipa a numerose operazioni e missioni di mantenimento della pace dell'ONU, della NATO e dell'UE in tutto il mondo, avendo come obiettivo soprattutto la sicurezza, lo sviluppo e il sostegno allo Stato di diritto. Nelle missioni delle Nazioni Unite, le forze armate croate sono per lo più disposte in Libano (UNIFIL), poi nel Kashmir (UNMOGIP) e nell'area del Sahara occidentale (MINURSO). Tra il 2005 e il 2007, il generale croato Dragutin Repinc è stato il comandante di una missione di monitoraggio delle Nazioni Unite sul confine conteso tra India e Pakistan nel Kashmir. Sotto il comando della NATO, i soldati croati partecipano alla forza internazionale in Kosovo (KFOR-Kosovo Force), Lituania e Polonia (Enhanced Forward Presence), Ungheria e Bulgaria (Enhanced Vigilance Activities) e in Iraq (NATO Mission). Sono stati dispiegati anche in Afghanistan nel 2003–2020, prima come parte della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) e poi nella missione Resolute Support. Nell'ambito delle missioni dell'UE, le forze armate croate operano in Libia (EU NAVOR MED SOPHIA), nel Corno d'Africa (EU NAVOR Somalia-ATLANTA) e nel Mediterraneo (EU NAVOR MED IRINI).